Mercoledì sono stata derubata sui mezzi mentre tornavo a casa.
Mi sono sentita schiacciare da dietro, il tutto è durato pochi secondi, so soltanto che avevo appena controllato il tragitto, avevo il telefono in mano e mentre lo mettevo in tasca si è smaterializzato, poco prima di una fermata.
Sono rimasta qualche secondo a contemplare il vuoto e poi sono riuscita solo a dire: “Ma mi hanno inculato il telefono?”
Attorno a me le persone hanno iniziato a guardare per terra e a cercare di lasciarmi più spazio, il mezzo era pieno, una ragazza mi ha telefonato ma ovviamente il cellulare era già stato spento. Io riuscivo solo a ripetere: “L’ho appena comprato, ho pagato solo due rate, mi serve per lavorare, come faccio?”.
Non ho mai avuto un telefono bello, di quelli da prima fascia per intenderci, ho sempre comprato il meno caro perché mi è sempre sembrato assurdo investire così tanto per un oggetto. Il lavoro che faccio ora, però, necessita di un telefono di ultima generazione per la creazione di contenuti. Inoltre, tutti i tool dell’agenzia hanno l’accesso condizionato all’autenticazione a due fattori che passa proprio dal telefono. Il mio vecchio, con lo schermo rotto proprio nel centro, non mi consentiva più nemmeno di cliccare sulle notifiche per accedere agli strumenti di analisi che mi servono tutti i giorni. E da freelance, non mi viene fornito né il pc né il telefono.
Per quello avevo deciso di prenderne uno nuovo, senza assicurarlo, “tanto non esco mai di casa”.
Era la prima volta infatti che tornavo a Milano per lavoro dopo 3 anni, l’ultima era stata il venerdì prima del lockdown, seduta in stazione per ore in attesa di un treno per tornare a casa che arrivò solo alle 22.20. Ironicamente, ero già stata chiusa in casa per quasi due settimane, baciata come sempre dalla fortuna il 21 febbraio, capitata nel vagone di uno che aveva giocato a calcetto col paziente 1.
Non so voi, ma io sono tra quelle persone segnate dalla pandemia: 3 anni in casa da sola, a lavorare da sola, 11-12 ore al giorno, in silenzio, tranne che durante le inutili e sfibranti call che hanno, in un certo senso, dato ritmo alle mie giornate finora. Tornare in presenza, riprendere il treno e la vita da pendolare, mi ha destabilizzata: martedì ero molto stanca, non sono più abituata a così tanta gente, a così tanti rumori, luci, suoni, alla gente che ti parla nell’orecchio per tutto il tragitto telefonando a tutta la rubrica. Ero stanca e poco lucida e in un momento di disattenzione mi hanno effettivamente rubato il telefono.
Fortunatamente dall’iCloud ho visto che era in un palazzo, ho chiamato la polizia, li ho aspettati davanti all’entrata con un’amica. Il problema è che l’ultimo accesso risultava 47 minuti prima quindi i poliziotti mi hanno spiegato che non si poteva fare nulla, doveva risultare attivo in quel momento per poter procedere quindi ero fisicamente a 10 metri dal mio telefono senza poterlo riprendere.
Per questo, ho chiesto aiuto a voi. Forse è stata una decisione avventata, irrazionale, ma in quel momento ero nel panico più totale. Qualcuno mi ha scritto: ma non ti vergogni a chiedere aiuto a sconosciuti? Ma non hai una famiglia?
Mia madre a 65 anni fa la cameriera, mio padre è morto, sono una giovane donna che vive da sola e che negli ultimi mesi ha dovuto affrontare decine e decine di spese per la salute, passando dal privato, ho viaggiato sì, ma quel viaggio era stato pensato prima della pandemia e non ho speso praticamente nulla quando ero lì, mangiavo una volta al giorno dopo aver fatto una colazione abbondante al motel, che offriva fantastiche merendine confezionate e arance.
Così ho chiesto aiuto perché sono anni che sul mio profilo vi parlo della necessità di creare reti di supporto, di non essere solo una community ma una comunità, di rispettarci, di scambiare ciò che possiamo offrire, competenze, idee, manovalanza e la risposta da parte vostra è stata incredibile. Stavo sul divano abbracciata a Marcello ad aggiornare iCloud nella speranza che il mio cellulare tornasse attivo e intanto vedevo scorrere le vostre donazioni e i vostri messaggi di supporto e nonostante lo stato confusionale ringraziavo di essere riuscita a creare delle connessioni così forti con persone che, nella maggior parte dei casi, non ho mai visto o che hanno semplicemente frequentato il corso e tutto questo è stato davvero il miglior regalo, il gesto più grande, la riconoscenza più pura che potevate darmi.
Ho tolto le stories quando ho raggiunto la cifra sufficiente per ripagare le rate del telefono rubato. Non è mai stata mia intenzione guadagnare da questa storia, forse se non fossi stata così sola e agitata non vi avrei coinvolti. Quello che è stato raccolto in più è stato donato all’Associazione Veronesi, in particolare ho scelto la ricerca sul tumore del colon-retto, dato che è da agosto che sono coinvolta in esami molto invasivi e conosco il terrore dell’attesa di quei risultati.
Spero non vi dispiaccia se ho scelto di compiere questo gesto invece di rimborsarvi.
Ho un telefono nuovo da stamattina, riprenderò con i contenuti, vi ringrazio di nuovo per tutto l’affetto e mi dispiace davvero per chi si è risentito della mia richiesta d’aiuto.
Bello leggerti di nuovo!