Come saprete, qualche giorno fa ho deciso di chiudere il mio profilo Instagram. O meglio, è sempre lì ma, per un po’, sarà inattivo.
Le ragioni sono diverse ma, riassumendo, mi sono rotta il cazzo.
Sul mio profilo pubblico circa 300 contenuti al mese, solo in formato story perché non mi interessa creare il contenuto che diventi virale, non mi interessa partecipare all’isteria pavloviana di chi cerca il carousel o il video da condividere sul proprio profilo sul tema del giorno, non cerco visibilità, ho solo bisogno di urlare a qualcuno quello che penso.
Ho iniziato ad analizzare i social a maggio 2021, ero reduce dai mesi più difficili della mia vita lavorativa. Ero chiusa in casa, come tutti, a causa della pandemia. Ma lavoravo 16/17 ore per produrre contenuti. In quei mesi, infatti, i brand hanno deciso di posizionarsi h24 su tutti i social, cercando visibilità tra le persone costrette a rimanere a casa. Così, ho dovuto definire il “Piano editoriale Covid-19”. Mi sembrava insensato: là fuori milioni di persone stavano morendo, molti, come me, vivevano in un perenne stato d’apprensione perché chiusi in case troppo piccole e lontani dalle proprie famiglie. Non mi ero mai accorta di quanto fosse buio il mio appartamento perché lo avevo sempre vissuto dopo le 20, specie quando ho iniziato a fare la pendolare tra Torino e Milano. E i brand, invece di stare in silenzio, invece di raccogliere fondi per la ricerca o per supportare chi era rimasto senza lavoro o chi era in gravi condizioni di salute, hanno deciso di investire ancora più soldi nel marketing.
In quei mesi il mio lavoro consisteva prevalentemente nel tracciare i trend sulle diverse piattaforme e capire quali fossero i più idonei rispetto ai valori e al linguaggio dei brand che gestivo. È stato in quel momento, scrollando per ore e ore ogni giorno, che ho capito quanto fossimo ormai vicini all’abisso. È stato iniziando a vedere persone morte attraverso lo schermo del mio telefono, malattie ritratte con le musichette di tendenza in sottofondo, bambini esposti h24, che ho capito che dovevo iniziare a fare qualcosa perché la colpa di quella follia era, in parte, anche mia, che per anni avevo lavorato a campagne pubblicitarie che potevano aver contribuito a fomentare questa isteria collettiva.
Così ho iniziato a parlarne sul mio profilo Instagram, ho iniziato a fornire una chiave di lettura da “insider” a quello che vedevo, a cercare di farvi comprendere i fenomeni di quelle piattaforme, così pervasivi da modificare il modo in cui percepiamo noi stessi e gli altri, così destabilizzanti da portare persone molto fragili a togliersi la vita.
Se l’ho fatto era per fornire a tutti e tutte gli strumenti per proteggersi, senza chiedere nulla in cambio.
Ora, per poter trovare il materiale, per poter dare informazioni corrette e verificate, devo stare sui social, oltre al lavoro, almeno 3-4 ore al giorno.
Per me significa lavorare in media 10 ore al giorno, più dedicare tempo ai social. Tempo che ho tolto agli affetti, ai miei hobby, al cucinare cibi sani. L’ho sempre fatto mossa dal sincero desiderio di aiutare le altre persone ma ultimamente sento che non ne ho più le forze e i motivi sono diversi:
1- Il mio lavoro viene continuamente rubato. Ho trovato interi copia/incolla dei miei contenuti in libri o articoli di altre persone, il testo di un mio post sull’esposizione dei minori è diventato un video virale che ha fatto guadagnare alla ragazza che lo ha utilizzato senza il mio permesso oltre un milione e mezzo di visualizzazioni e c’è un “giornalista” di un “progetto editoriale” che ha preso qualcosa come 80.000 follower trasformando in video quasi ogni giorno ciò che dico nelle mie stories. Nessuno mi ha mai citata. Eppure, sono esattamente le stesse parole, sempre. È facile fare i contenuti quando hai le informazioni già verificate e razionalizzate. Soprattutto, è facile fare i contenuti quando i progetti editoriali per i quali lavori hanno milioni e milioni di euro di finanziamenti. Io, invece, sono una freelance che nell’ultimo anno è arrivata a fare 4/5 lavori contemporaneamente e che non viene pagata da nessuno per dare informazioni su Instagram. Pertanto, non ho tempo di fare il contenuto video accattivante per il mio feed. Sapete cosa vuol dire lavorare ogni giorno moltissime ore, piangere ogni cazzo di sera perché il mio saggio è fermo da 2 anni e non ho le forze fisiche e mentali per andare avanti a scriverlo, e vedere privilegiati mantenuti o pagati un sacco di soldi emergere copiando le mie considerazioni? È frustrante. Due anni fa il mio libro sarebbe stato il primo saggio sul tema. Nel frattempo, ne sono usciti moltissimi. Tra l’altro, me li mandano pure in regalo, dicendo “So che ti piacerà”. Zi’, certo, hai copiato metà dei capitoli dai miei post. Oltretutto, a volte mi sento angosciata, vengo trattata come l’ANSA, c’è chi mi chiede “Perché non stai parlando di questo?”, “Perché di questo hai parlato troppo poco?”. Ripeto: diversamente da me, le altre persone sono pagate per fornire informazioni, io spesso sono semplicemente sopraffatta dal lavoro di merda che devo fare per campare.
2- Quello che dico evidentemente dà fastidio, dato che ci sono persone con milioni di follower e milioni di euro di fatturato che telefonano addirittura alle persone con cui lavoro per umiliarmi, mortificarmi, isolarmi. Con un post guadagnano quanto me in un anno ma sono così scomoda che devono fare di tutto per distruggermi. Una, in particolare, almeno una volta a settimana, da mesi, parla di me, senza fare il mio nome, con dei rant di una violenza quasi patologica. Spero di non arrivare a 50 anni senza essere in grado di dire le cose in faccia alla persone ma, evidentemente, questo modus operandi fa parte di chi, senza i social, sarebbe solo una povera fallita che ha bisogno ogni giorno di creare la polemica per rimanere rilevante. Io invece posso permettermi di non usare i social per un mese, o per sempre. Purtroppo per loro, tuttavia, non possono aggrapparsi a molto per sminuirmi, infatti il leitmotiv è sempre lo stesso. Analizziamo i 3 grandi filoni di polemica a mio carico:
Sono incoerente perché sono marxista e insegno in una scuola privata: mi sembra che Silvia Federici, una delle più grandi filosofe viventi, marxista e femminista, abbia insegnato quasi esclusivamente alla Hofstra University, un'università privata di Hempstead, nello stato di New York. Insegnare è sempre stato il mio sogno, non so dirvi quanto mi abbia riempito il cuore avere due classi quest’anno. Insegnare in un’università privata si è reso necessario, ancora una volta, per una questione di classe: mi avevano offerto un dottorato a titolo gratuito, che ho dovuto rifiutare. Mi sono pagata l’università facendo la lavapiatti, la cameriera, l’animatrice e lavorando in un museo. Non avrei mai potuto passare 8 ore al giorno in laboratorio e lavorare la sera. Ero stanca, stremata e avevo fatto di tutto per finire tutti gli esami del secondo anno della magistrale nel primo semestre. Mi sono laureata con 110L mentre lavoravo full-time e speravo in un dottorato con borsa. Purtroppo, non è stato possibile quindi ho dovuto rinunciare al mio sogno per 10 anni. Qualche giorno fa mi è stato detto che dal questionario di valutazione che gli studenti devono compilare a fine semestre sono risultata una delle insegnanti più apprezzate. Pertanto, nel 2024, avrò 3 corsi, uno in più. Anche io avrei preferito insegnare nel pubblico ma, allo stesso tempo, i miei studenti sono effettivamente persone privilegiate che non hanno mai sentito parlare dei temi che tratto a lezione: Marx, Gramsci, Fisher, Capitalismo della sorveglianza, Naomi Klein. Frequentano un corso di advertising con qualcuno che li fa ragionare sugli effetti del marketing. Non vi sembra che sia qualcosa di positivo, rispetto a formare delle persone che saranno sicuramente in posizioni di rilievo e non hanno coscienza di quello che questo campo comporta?
Sono incoerente perché sono marxista e ho un iPhone. Anzi, i miei follower mi hanno aiutata a comprare un iPhone. Allora, vi chiedo: secondo voi chi è peggio tra una persona che condivide ogni momento intimo della propria vita per creare un legame emotivo con le proprie follower e guadagnare dalle loro insicurezze, spesso amplificate dalle influencer amiche sue che usano filtri e ricorrono alla chirurgia estetica e hanno le risorse materiali per avere una dieta equilibrata e fare esercizio fisico seguite da professionisti e me, che sono stata RAPINATA due settimane dopo aver investito nell’acquisto di un telefono che mi serve PER LAVORARE, dato che sono una freelance che si occupa anche di creazione di contenuti, e ho chiesto aiuto, perché di quel cazzo di telefono devo pagare ancora 3 rate e non potevo rateizzarne un altro? Ho chiesto aiuto a persone che fruiscono per l’appunto, da anni, di almeno 300 contenuti al mese, che fornisco gratuitamente, senza grandi investitori alle spalle, diversamente dalla maggior parte delle persone che fanno divulgazione o che hanno famiglie ricche che li mantengono mentre producono incessantemente contenuti per ottenere posizionamento sociale e commerciale? Qualche persona ha donato 3€ per aiutare me che parlo sempre di coscienza di classe e mutuo-appoggio. Wow, è davvero incoerente, soprattutto considerando che per lavoro mi tocca gestire creator che hanno meno follower di me e con 3 stories guadagnano 6.000€ mentre io non ho mai fatto un adv.
Io cerco solo visibilità. Con i figli degli altri, senza farne di miei. Oppure: ho fallito nel diventare l’influencer della endometriosi. A queste persone posso solo dire che evidentemente hanno solo degli enormi problemi con se stessi, con la comprensione del testo e con la gestione della rabbia. Nell’ultimo anno e mezzo ho fatto da consulente per progetti accademici che si occupano del rapporto tra esposizione dei minori e ped0pornograf1a a titolo gratuito e non credo di aver mai parlato di endometriosi, durante il covid ho fatto un post per denunciare il ritardo di quasi 18 mesi di un intervento per la rimozione di un tumore benigno all’utero, anzi, per l’esattezza erano 4 per un totale di quasi 20cm di superficie. Quando sono stata messa in lista per l’intervento erano solo 6cm, questo ritardo avrà ripercussioni sul mio corpo per tutta la vita. Sono stata lasciata per 6 ore su una sedia in attesa dell’intervento e rimandata a casa il prima possibile, perché gli ospedali erano pieni, mentre chi aveva i soldi in ospedale ci poteva entrare con un’intera troupe televisiva. E io non so nemmeno se potrò avere figli. Cerco talmente tanta visibilità che non mostro quasi mai la mia faccia e non ho fatto un singolo post con i premi che ho vinto e i congressi a cui ho partecipato quest’anno, ho rifiutato di diventare “inviata” di un programma televisivo, rinuncio a ogni ospitata in TV che non sia Forum perché piace a mia nonna, ho detto di no a TEDx e affini. Certo, cerco proprio visibilità, tant’è che non sapete nemmeno chi è il mio compagno :)
Il bello è che queste persone sono le stesse che poi si fanno paladine delle campagne per la salute mentale e ovviamente il fatto che abbiano amici che offrono questo tipo di servizio, che uno di questi servizi sia il main sponsor dei loro programmi in TV e che secondo le più importanti agenzie di analisi dei dati social del mondo sia un tema di forte rilevanza sul loro target, non c’entra assolutamente nulla.
Intanto io ho passato mesi a spendere soldi perché cagavo sangue e il mio colon è collassato dal nervoso.
Inoltre, per me il periodo natalizio è destabilizzante: persone estremamente ricche che ricevono regali ogni giorno, ogni cazzo di giorno. Ne parlavo in un’altra newsletter: siamo ancora capaci di desiderare fuori dalle gabbie del capitalismo? Abbiamo davvero bisogno di tutti quei prodotti, di tutta quella merce, di vestiti, creme, viaggi, alberi di Natale sempre più grandi? Vedere tutta quell’opulenza mi innervosisce. Io voglio solo passare più tempo con le persone che amo.
Quindi sono stanca, davvero molto stanca, ma non vi preoccupate: questo mese di stop mi serve solo per riposarmi, finire il libro e preparare le lezioni.
Per citare “Melanconia di classe” di Cynthia Cruz, cosa dobbiamo fare per ritrovare noi stessi?
“In primis, dicendo no al mondo capitalistico della borghesia, voltandogli le spalle, e poi prendendoci del tempo libero, utilizzandolo per chiederci dov’è lo spazio tra chi siamo e da dove veniamo e dove inizia invece il mondo della borghesia. Non sarà facile né semplice, perché molti di quelli che credevamo essere i nostri sogni o valori, idee o estetica, si riveleranno al contrario appartenenti alla cultura borghese: ideologie che abbiamo interiorizzato ormai da anni, senza nemmeno renderci conto di averlo fatto”.
Tornerò e mostrerò ancora più nel dettaglio i legami di potere del tecnofeudalesimo italiano.
Tornerò e li farò incazzare ogni giorno. È una promessa.
Perché se si incazzano, è solo perché stiamo minando le basi del loro potere, stiamo svelando le ipocrisie del loro mondo. E continueremo a farlo. Insieme.
“Abbiamo imparato a sopravvivere, a stento, negli spazi intermedi - tra i mondi, tra le morti - in un’attesa infinita. Non è possibile, invece navigare insieme, con un atto di resistenza, contro un sistema che ci vorrebbe morti, o a malapena vivi? In altre parole, è possibile attuare una ritirata - un atto di negazione comune - in cui diciamo “no” all’assimilazione e decidiamo invece di unirci? Siamo così tanti, e siamo tutti in attesa. Se fossimo uniti, chissà cosa riusciremmo a fare”.
A presto.
S.
Ti vogliamo bene Serena, prenditi il tempo che ti serve❤️
Ciao Serena,
Io non commento mai i tuoi post nè nessun articolo o contenuto che i media stanno trasmettendo negli ultimi anni, anche perché dopo la pandemia ho sviluppato una sorta di sentimento tossico nei confronti dei social media che me li hanno fatti vivere male.
Però oggi volevo lasciarti questo commento per ringraziarti per tutto quello che hai fatto. Sono una ragazza di vent'anni (siamo due generazioni diverse) e ho iniziato a seguirti circa due anni fa. Devo ammettere che te sei stata la miglior scoperta che ho fatto sui social. E te lo dico con tutta la mia sincerità: da quando uso i social (12 anni) ho litigato praticamente con tutti: fascisti, incel, marxisti, leghisti, femministi... (sono stata pure bloccata e insultata dall'account di un intellettuale femminista per un commento innocuo, vabbé è una storia lunga). Praticamente tu e il tuo modo di fare informazione sono quasi gli unici di cui io, da adolescente ignorante, abbia deciso di fidarmi. Ho scoperto tantissime cose grazie a te che non avrei potuto trovare da nessun altra parte e ci tenevo a fartelo sapere. Mando i tuoi post al mio fidanzato e mi salvo i link dei tuoi articoli.
Spero tanto che continuerai nel lavoro che stai facendo e volevo farti sapere che ci sono molte realtà giovanili sui social che trattano alcuni temi di cui parli te. Non te le consiglio perché sono realtà completamente diverse dalla tua, non sono informate allo stesso modo, sono poco approfondite e producono contenuti con lo scopo di informare e intrattenere allo stesso tempo (perché nascono da una realtà di internet vicina al mondo dei "meme" e crescendo di stanno sempre più informando sui rischi dei social che usano). Questo solo per farti sapere che i temi di cui parli sono molto sentiti da chi ha un minimo di coscienza digitale e da molti giovani che stanno realmente capendo i danni del mondo dei social media.
Quindi non mollare, ti voglio bene e grazie <3